Sì lo so, siamo in piena settimana della moda milanese, dovrei raccontarvi qualcosa in merito, ma non lo farò se non sul mio blog The Ciabatte Pelose a giochi fatti ed eventi conclusi, perchè in questi giorni se ne sta parlando già fin troppo e sareste molto distratti dalle mie sarcastiche elucubrazioni, quindi la faccenda la rimando alla prossima settimana, quando sarò pronta a lanciare le mie frecciatine…. zaaaaac!
E quindi oggi vi parlerò i igloo.
Non di igloo qualsiasi, di “Igloos” con la “I” maiuscola.
Mi riferisco agli Igloos di Mario Merz, in mostra all’Hangar Bicocca. Innanzitutto affrettatevi perchè avete ancora tempo fino a domenica 24 febbraio per gustarvi l’installazione, che vi consiglierei di non perdere, dopo il piccolo assaggio che sto donandovi con queste righe.
L’esposizione ha avuto un grande successo di pubblico e a me è piaciuta particolarmente. Ho sempre apprezzato Mario Merz come esponente del movimento che ha preso piede in Italia dalla metà degli anni Sessanta, l’Arte Povera.
Comprendere o non comprendere il significato delle opere e Merz e quindi di questi igloo è strettamente legato alla conoscenza che abbiamo di questo movimento, alla sua ubicazione temporale, al significato di questa tendenza artistica che non ha certo avuto vita nel periodo storico che stiamo vivendo in cui la tecnologia ha il sopravvento su tutto, dal nostro quotidiano, alla rappresentazione del momento, alla durata delle informazioni, al bombardamento di immagini che siamo costretti a subire in ogni istante, come ad esempio ora mentre state leggendo queste righe e guardando le poche immagini che vi propongo, pronti col ditino a scorrere verso l’alto senza approfondire.
Non sarò certo io a farvi una critica artistica di queste opere, del loro significato e del lavoro di Mario Merz, mi limiterò solamente a spingervi ad approfondire partendo dall’impatto emotivo che una qualsiasi di queste strutture possa avere su di voi e non limitarvi a pensare esclusivamente “cosa significa?” “mi piace”, “non mi piace”.
Provate invece ad osservarle pensando a cosa abbia spinto l’artista a crearle.
Il suo pensiero potrebbe forse essere legato ad un concetto di spazio unitario o collettivo dell’essere umano? Di ambiente, fortemente ridotto all’essenziale? Può forse essere legato ad un fattore temporale, e quindi di provvisorietà della costruzione per la sua conseguente ricostruzione? Stiamo forse pensando ad un concetto di spostamento, un cambiamento di luogo e quindi della sua migrazione?
In un epoca in cui le abitazioni prendono nuove forme modificandosi verso l’alto, come ad esempio i grattacieli, ecco che le opere di Mario Merz racchiudono al loro interno il concetto di “casa” che ritorna alla sua forma primordiale rinascendo in un igloo, in una tenda, in un nido e riportando l’essere umano ad un rapporto più diretto con la natura.
Ricreando un habitat ideale, estinto dalla necessità tecnlogica (pensate alle case domotiche, ne abbiamo veramente bisogno?), ci porta a riflettere sul vero significato di casa ma vista come igloo la cui funzione e la sua praticità nell’epoca odierna, sta in realtà vivendo un riflesso della stessa epoca in cui Merz concretizzò il suo pensiero di spazio abitativo in correlazione con l’esigenza di una connessione immediata con l’ambiente circostante (meno inquinamento, più ecologia, più natura), con la necessità umana di migrazione (l’essere umano è di natura un nomade).
Tutto torna, giusto?
Gli Igloo di Mario Merz vi aspettano ancora per pochi giorni all’Hangar Bicocca, se potete non perdeteveli, tra poche settimane arriva il Salone del Mobile e il Fuorisalone… dopo 1 settimana di mobili e strutture ultramoderne rimpiangerete gli Igloo.
Verde Alfieri
Mi chiamo Verde, e con un nome così non potevo che essere una creativa. Mentre faccio gioielli che trovate qui Alfieri Jewel Design, mi diverto a scrivere qui per Anna, nel mio blog Alfieri Magazine ma soprattutto di The Ciabatte Pelose che tanto mi fanno impazzire.
Una mostra strepitosa.
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