Senza titolo, o la Mostra in mostra

Questo articolo nasce senza titolo, o meglio il suo titolo volevo fosse appunto “Senza titolo”, come quelle opere d’arte che l’artista stesso non sa come chiamare e ci piazza un bel senza titolo per risolvere il problema. Quante cose nella nostra vita sono senza titolo. Poi però ci ho riflettuto su un po’ e ho pensato che un doppio gioco di parole poteva essere il perfetto accompagnamento musicale.

E quindi… ecco il mio senza titolo con accompagnamento.

La Maestà sofferente, installazione di Gaetano Pesce. Per poterla vedere bene e non scambiarla per qualcosa di completamente diverso e opposto del femminile, bisogna osservarla da lontano, parecchio lontano.

 

È così. Non si può mai stare tranquilli, e le femministe stanno facendo più danni che mai… oppure no? Non entrerò nel merito di una diatriba che va avanti da sempre, né scatenare chissà cosa con questo post dove vorrei scrivere tante cose ma mi limiterò a pochissime parole, e qualche immagine.

Credo che nessuno oggi, qualunque cosa faccia o dica, lo faccia nel modo giusto. Si è sempre sul filo del rasoio e rischi la castrazione. Il mio pensiero credo che conti ben poco, ma l’unica cosa che mi domando è che se oggi siamo arrivati a tanto c’è un motivo che va al di sopra di ogni qualsiasi spiegazione logica plausibile.

Vorrei parlarvi brevemente degli ultimi avvenimenti che coinvolgono la città. In questi giorni Milano è iperattiva, insonne e in tensione per gli innumerevoli eventi legati alla Design Week al punto che qualsiasi cosa venga fatta o detta durante queste giornate è sotto i riflettori e, ritornando alle mie precedenti parole, se non viene studiata nei minimi dettagli, rischia di scatenare le ire dell’Olimpo.

Sto parlando di due cose, dell’ormai famoso taglio del nastro alla inaugurazione del Salone del Mobile e in particolare della enorme installazione che da qualche giorno campeggia ingombrante nella piazza più importante di Milano.

 

Ecco la foto che ha fatto molto discutere. Al taglio del nastro alla inaugurazione del Salone del Mobile 2019 erano presenti solo uomini. Non è stata invitata nessuna delle donne che hanno reso possibile il Salone stesso e oggi sono le indiscusse rappresentanti della Milano Design Week e del design italiano. Sotto al risposta di quelle donne, radunate in piazza della Scala davanti a un simbolo del Salone e con in mano un cartello con la scritta #SiamoQui.

 

Ma ditemi, come si fa? A chi è venuta l’idea di piazzare quell’orrendo obbrobrio color rosa pelle costellato da frecce che irriconoscibile nella sua forma originaria assomiglia a tutt’altro, più maschile che femminile? E vogliamo parlare delle teste di animali feroci che la circondano e che scompaiono completamente nel marasma attorno all’installazione e che solo chi l’ha vista dal vivo si è accorto che ci fossero?

A Milano ci sono più tagli di nastri e foto di rito che prese di coscienza degli effetti di quei tagli con foto. I “tagli” di Lucio Fontana avevano più significato.

 

La “Maestà sofferente” che stando alle dichiarazioni dello stesso designer, Gaetano Pesce, vuole rappresentare e far riflettere sulla violenza contro le donne ed è stata ampiamente criticata dalle donne stesse perchè appunto non rappresenta né la donna, né le violenze subite dagli uomini. Siamo tutti d’accordo su questo? Spero che abbiate avuto modo di vederla dal vivo.

 

Nemmeno io sono riuscita a fare delle foto decenti, troppa confusione di gente, troppo disordine.

 

È un gran peccato che la povera poltrona di Gaetano Pesce, la Up5&6 realizzata 50 anni fa, icona del design italiano, sia stata trasformata in questo modo. Francamente e non sono solo io a dirlo, è talmente grande che non si riconosce più, che si fa fatica ad intravedere un corpo femminile che si perde completamente portando l’attenzione a ben altro tipo di attributo opposto a quello femminile.

Quindi tripla beffa e presa in giro ai danni delle donne, dell’argomento che vuole rappresentare e di una icona del design che tristemente subisce un ruolo dal risultato assolutamente discutibile.

Fosse stata fatta una installazione più piccola, più riconoscibile, magari piazzata su una pedana che la isolasse dalla confusione attorno probabilmente avrebbe ottenuto molto più autorevolezza e molta meno incomprensione.

Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate, magari trovate azzeccata l’idea? Le donne si sentono rappresentate? Vorrei i vostri commenti, anche di qualche lettore, non solo di lettrici.

 

Verde Alfieri

 

Mi chiamo Verde, e con un nome così non potevo che essere una creativa. Mentre faccio gioielli che trovate qui Alfieri Jewel Design, mi diverto a scrivere qui per Anna, nel mio blog Alfieri Magazine ma soprattutto di The Ciabatte Pelose che tanto mi fanno impazzire.

 

 

2 risposte a "Senza titolo, o la Mostra in mostra"

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  1. L’ha ribloggato su Alfieri Magazinee ha commentato:

    Come saprete, ogni settimana scrivo nella mia rubrica EyeMilano sul blog della nostra Anna da Re, Chic after Fifty.

    Oggi desidero condividere qui il mio articolo dedicato ad un argomento che ha suscitato parecchie polemiche in questi giorni. Vi invito a leggerlo e a commentarlo. Desidero avere le vostre opinioni.

    Buona lettura

    "Mi piace"

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