Gli sport danno quasi sempre luogo a delle riflessioni interessanti. Non solo perché esprimiamo quello che siamo, nel modo in cui eseguiamo la pratica sportiva, ma anche perché ogni sport ha delle sue caratteristiche peculiari che fanno pensare.
Ieri giocavo a tennis, un bell’allenamento intenso, un paio di singoli e un paio di doppi.
Ora se voi guardate delle persone che giocano a tennis, indipendentemente dal livello a cui giocano, tendenzialmente a ogni colpo sbagliato che fanno si danno addosso. C’è chi si insulta con parolacce e paroloni, chi si dà del cretino, addirittura chi si dà le racchettate per sottolineare quanto quell’errore è insopportabile e va punito. In compenso quando si fa un bel colpo si sta zitti. Se la partita è particolarmente accanita qualcuno gioisce, ma non ho mai sentito nessuno che si dicesse bravo, che si facesse i complimenti.
È evidente che da un punto di vista educativo e di apprendimento, questo sistema è davvero negativo e le sue conseguenze sono pessime. Nessun maestro tratterebbe i suoi allievi come i giocatori trattano se stessi. Non solo perché perderebbe tutti i clienti, ma anche perché da un punti di vista pedagogico bisogna correggere gli errori ma anche rinforzare i gesti corretti. E per correggere un errore non c’è nessun bisogno di insultare chi l’errore l’ha commesso. Visto che solo sbagliando s’impara.
E ci sono anche un paio di libri, tra cui Il gioco interiore del tennis (di cui ho letto delle parti) che cercano di affrontare questo strano rapporto che si crea fra il tennista e se stesso.
Io però ho un’altra strategia, che è quella dell’affettività. Cioè quando anch’io sto per insultarmi per aver sbagliato un colpo (magari dopo averne fatti cinque o sei difficili e giusti), dandomi dell’oca come in genere faccio, poi mi dico anche Anna ma non è che adesso smetterai di volerti bene solo perché hai sbagliato un colpo? Che va beh sarà stato anche facile, ma non mi sembra questa grande tragedia. E sento generarsi un calore verso me stessa che mi fa ripartire.
Perchè vi posso assicurare che dentro quegli insulti che i tennisti rivolgono a se stessi c’è della vera avversione, se non del vero odio.
E del resto la bellissima autobiografia di André Agassi, Open, parlava anche di questo. Perché persino un giocatore della sua grandezza e dei suoi risultati, alla fine dei conti ha perso più partite di quante ne abbia vinte, e immaginatevi quanti colpi ha sbagliato.
Insomma, cari tennisti, trattatevi un po’ meglio. Smettete di odiarvi solo perché avete messo una palla in rete o avete fatto un tiro troppo lungo. Magari non mi conviene dirvelo, ma stareste meglio e forse anche i vostri risultati sarebbero migliori…
Buona giornata
Anna da Re
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