Il lato oscuro e le persone “non resistibili”: due romanzi e molti pensieri

Visto che è un periodo che non sono molto ispirata a scrivere, ma di libri un po’ scrivo, ho deciso di pubblicare, un po’ alla volta, i pezzi sui libri che ho scritto come Emma Faustini per Grey Panthers.

Eccone uno.

Ma i libri tra loro si conoscono? Si riconoscono? Si parlano? Mi è venuta in mente questa domanda un po’ bizzarra leggendo, uno di seguito all’altro, due romanzi: “I giudizi sospesi” di Silvia Dai Prà e “La lezione” di Marco Franzoso. È stato quando ho preso in mano “La lezione” che mi sono resa conto che tra i due libri c’era un nesso, che dipendeva dal tema che affrontano, ma forse ancor più dal modo in cui lo affrontano.

“I giudizi sospesi” racconta la storia di Perla, ragazza prodigio, perfetta in tutto, e della sua famiglia, padre fascinoso professore di liceo, madre affettuosa professoressa di arte e artista mancata, fratello maschio innocuo e cicciotto. Una famiglia colta, progressista, per bene e quasi felice. E in un giorno qualunque, quando Perla ha 17 anni e si sta parlando di esami di ammissione alla Normale di Pisa, porta a cena James, un ragazzo un po’ più grande, senza arte né parte, bello se non fosse per i denti e le mani, che ha bruttissimi. È il suo fidanzato, anche se nessuno in famiglia può credere che Perla voglia stare con uno così. Ma Perla con James ci sta, e poi lo sposa, e poi ci vive una vita di stenti, di fatiche e di umiliazioni, dato che James è esattamente quello che è sembrato, al lettore se non alla famiglia, fin dall’inizio: un manipolatore, uno sfruttatore, un bluff, un cialtrone, un pericolo. La forza distruttiva di James si estende alla famiglia, madre, padre, zia, nipote, nessuno escluso se non forse il fratello, voce narrante del romanzo. Non ci sono motivi perché Perla accetti e subisca tutto quello che James le fa e le chiede e le impone. Non c’è un passato di famiglia disfunzionale, di comportamenti da riprodurre in modo coattivo, di esempi o modelli che non si riesce a non seguire. C’è piuttosto quel mistero che è la psiche umana. Del resto quando il fratello chiede a Perla che cosa ci trovi in James, lei dice non puoi capire, lui è mille persone insieme.

E in effetti non possiamo capire. E c’è una sorta di resa, anche di noi lettori. Perché è vero, capire gli altri è un’impresa titanica, forse impossibile, forse persino inutile. Quantomeno capire nel senso comune della parole, con gli strumenti normali del capire. Forse per capire Perla ci vuole un altro approccio, un altro modo di guardare. Forse per aiutare Perla ci vuole un altro modo di porsi. Ma “I giudizi sospesi” ci lascia davvero in sospeso, con tante domande aperte che ci guardano e ci tengono vigili, attenti, pronti. Così quando, dopo aver finito questo romanzo, ho cominciato “La lezione” di Marco Franzoso, la mia attenzione e la mia vigilanza hanno fatto un balzo.

Ne “La lezione” incontriamo Elisabetta, giovane avvocato, competente, attenta e premurosa, ma anche stressata e dubbiosa sul suo futuro, sui colleghi con cui divide lo studio, sui clienti, sul fidanzato. Qui è un reincontro che fa da detonatore: un uomo che è stato un suo cliente, che era stato condannato per violenza nei confronti della compagna e che, uscito di prigione, inizia a seguirla. Dello stalker e della sua pericolosità non si accorge subito, Elisabetta. Si chiede se non se lo stia immaginando, del resto è quello che penseremmo tutti, non è possibile, non sta succedendo a me, è la stanchezza, lo stress. Ma lo stalker di Elisabetta la segue davvero, e a un certo punto lei segue un impulso improvviso e lo invita a casa sua, lo cattura e lo lega e lo tiene in ostaggio. Per restituirgli e fargli provare quello che provano le vittime. E inizialmente c’è un senso di trionfo e anche di possibilità e perfino potere: Elisabetta reagisce ai mille soprusi quotidiani a cui ogni donna è sottoposta per il solo fatto di essere donna, reagisce con energia e determinazione e intraprendenza. Come se appunto l’ostaggio le desse una forza che non pensava di avere. Al tempo stesso il suo rapporto con l’ostaggio non è neutro, e anzi subisce il fascino di quest’uomo, malato sì, pazzo sì, pericoloso sì, ma “non resistibile”.

Ed è su questo “non resistibile” che ho trovato la verità e la bellezza di entrambi i romanzi. Perché se è vero che ci vogliono delle leggi che difendano le donne; se è vero che ci vuole un cambiamento nella cultura maschile che metta il rispetto per l’altro sesso tra i valori imprescindibili e non come il plus di un qualche esemplare illuminato; se è vero che noi donne possiamo imparare a leggere meglio i segnali di pericolo e reagire più tempestivamente; è però anche vero che il male, un certo male, sottile, perverso, suadente, è davvero difficile da combattere. Forse perché riverbera il lato oscuro che ognuno di noi contiene, e che non sempre riusciamo a conoscere e illuminare. Del resto è proprio l’arte, e la letteratura, che si può e si deve permettere di mostrare le zone buie, di presentarsi senza spiegazioni, di lasciarci in sospeso e incerti e dubbiosi. La letteratura può e deve parlare di quello che succede, senza accompagnarlo con una teoria, una soluzione, un messaggio. E questi due romanzi che scavano in profondità nei nostri dubbi, ci mettono in allerta, e se vogliamo ci guidano verso il buio che dobbiamo attraversare. Quindi ancora una volta grazie agli scrittori per il loro tempo e le loro parole e la loro guida nel grande viaggio che è la nostra vita. E buona lettura a tutti.

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