Era un po’ che non scrivevo sul blog e mi sentivo un po’ colpevole. Ieri ho scritto di un romanzo storico, per il blog Il libridinoso (poi ve lo riporto anche qui), e ho pensato che potevo riproporre questo pezzo su due romanzi storici che ho letto poco tempo fa.
Durante le vacanze di Natale, che lo so ormai sono più che dimenticate, ho letto due libri. Diversissimi ,ma, come spesso succede, anche connessi tra loro. Connessi dal tema della famiglia. “Al di qua del fiume” di Alessandra Selmi racconta la storia della famiglia Crespi, fondatori del villaggio industriale di Crespi d’Adda. “Patrioti” di Sana Krasikov racconta la storia di Florence, un’americana di origini russe che emigra in Russia subito dopo la rivoluzione proletaria.
La storia dei Crespi è una classica storia industriale dell’Ottocento: i tintori di Busto Arsizio che con fatica, lavoro, coraggio e anche un po’ di incoscienza creano un cotonificio, lo ingrandiscono, lo fanno prosperare. Uno dei figli, particolarmente visionario e dedito, immagina di costruire un villaggio intorno alla fabbrica. Dove gli operai possano vivere frugalmente, ma dignitosamente. Dove ci sono anche la chiesa, l’osteria, la scuola. Qualcosa che ora non ci sembra particolarmente innovativo e che ci suona fastidiosamente corrispondente a un’idea patriarcale di capitalismo. Ma che allora era rivoluzionario, e tutto sommato anche buono, se si considerano le condizioni in cui contadini e operai vivevano. La famiglia era la forza di queste imprese industriali. Pur con contrasti di vedute e modi diversi di lavorare. Pur con l’ingresso di mogli e generi, che entravano più o meno a gamba tesa. Senza la famiglia non sarebbe esistita nessuna impresa. E quindi i membri della famiglia finivano per sacrificarvi le loro ambizioni, i loro desideri, le loro inclinazioni. La famiglia era più forte di loro, vinceva sempre.
In “Patrioti”, un romanzo americano a dispetto del nome dell’autrice e della grafica della copertina, la protagonista Florence, figlia di genitori ebrei e nipote di una russa, emigra in senso inverso, nella neonata Unione Sovietica. Siamo negli anni Venti, in piena Grande Depressione, e il destino delle donne in particolare, pure nella Grande America, è quello di stare a casa e fare figli. Florence non ci sta, e anche sull’onda della passione per un ragazzo russo, sceglie l’avventura e si imbarca su una nave diretta in Russia. Con l’idea di contribuire alla costruzione di un mondo nuovo, di uguaglianza e di libertà. Un mondo in cui le costrizioni della famiglia non ci sarebbero più state. Inutile dire che la vita per un’americana in Unione Sovietica sarà irta di difficoltà. Florence riuscirà a sopravvivere alla guerra, alla fame e al freddo, alle purghe staliniane e alla Siberia. Creerà una sua famiglia, e nel romanzo si intrecciano diversi piani temporali e il racconto del figlio e quello del nipote, portandoci dalla Russia di Lenin a quella di Putin. Ma naturalmente il regime sovietico è contro la famiglia. Le delazioni, le false confessioni, le persecuzioni, le deportazioni, il regime del terrore sono una prova terribile per i legami famigliari. Che però resistono, e si rivelano invincibili. La famiglia si riduce, si modifica, si nasconde, ma resiste. E mentre chi ha una famiglia se ne vorrebbe sbarazzare, chi non ce l’ha o non ce l’ha avuta, come il marito di Florence, ne sente terribilmente la mancanza. La famiglia assomiglia a quella relazione del film di Truffaut, “La femme d’à coté”: una coppia unita da passione e odio, il cui vivere è “né con te né senza di te”.
Noi lettori amiamo le saghe famigliari, amiamo le storie in cui i protagonisti si succedono nel tempo, uniti dal sangue e da altri legami. Abbiamo ovviamente anche noi una famiglia d’origine, e spesso una famiglia che ci siamo creati. Condividiamo l’idea che ogni famiglia sia infelice a modo suo, e ci incantiamo su quei brevi intermezzi di famiglie felici, se tutte allo stesso modo o ognuna in modo differente poco importa. Tutti sappiamo che la famiglia può essere il peggior incubo e la peggior prigione, ma sappiamo anche quanto sia triste e desolante essere senza famiglia. No, non ci stancheremo di leggere di famiglie, che siano quelle delle grandi dinastie industriali, dei regni ancora superstiti e pieni di fascino (vedi il recente successo mondiale della biografia del principe Harry), o che siano quelle degli ultimi del mondo, dovunque si trovino.
Buona giornata
Anna da Re
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