C’è un bellissimo libro, tra quelli che ho perso, The inner game of tennis di W. Timothy Gallwey. Me lo aveva regalato mia sorella quando avevo cominciato a giocare a tennis, e poi tra un trasloco e l’altro, tra un interruzione della pratica e l’altra, il libro è scomparso. Oggi l’ho ricomprato, anche se in versione ebook, così resta custodito dentro il mio iPad e me lo porto ovunque.
Però la sostanza del libro me la ricordo, e me la ritrovo sul campo tutte le volte che gioco. Intanto che si svolge la partita reale, con avversario, racchetta e pallina, dentro di noi si svolge un’altra partita: contro noi stessi, la nostra mancanza di concentrazione, il nervosismo, i dubbi sulle proprie capacità e un’abbondante dose di autocondanna.
Io come avrete capito sono una giocatrice appassionata ma tutt’altro che brava. Ci sono un sacco di giocatori e giocatrici come me. Il mio vero interesse è migliorare, progredire. Vincere viene dopo. Però mentre nello sci o in altri sport uno può migliorare praticando con il maestro e in solitaria, il tennis si pratica con il maestro e con un avversario. Non si può proprio evitare. E il dialogo interiore tra la parte di me che dà istruzioni “guarda la palla” “eri troppo vicina” “non sbagliare proprio ora” e l’altra parte che dovrebbe ascoltare e giocare, quel dialogo lo sento con le mie orecchie tutte le volte che faccio una partita. E mi accorgo anche che le volte che gioco bene (nel senso del mio meglio) sono quelle in cui la voce che dà istruzioni è zittita e mi limito a giocare. Quelli sono i momenti o le ore di grazia, che però non sono capace di riprodurre su richiesta.
Il peggio, per me, è il servizio. L’unico momento in cui il tuo avversario è fermo in attesa del tuo gioco. Il momento dunque che sarebbe mio. In quel momento una folla di pensieri, di giudizi negativi, di risate di scherno e di sguardi severi riempiono la mia mente togliendo spazio alla concentrazione e impedendo l’esecuzione di gesti che conosco. Il servizio sicuramente è difficile, ma sono io che me lo rendo impossibile! Riuscirà la rilettura di The inner game of tennis mi dia una mano!
E per tutti quelli tra i miei lettori e follower e fan che non giocano a tennis, credo che possano trovare tante situazioni nelle quali il gioco, la partita, la sfida, si svolgono dentro di noi. Vero?
Buona giornata!
Anna da Re
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