C’è qualcosa di speciale nella voce di alcuni scrittori. Qualcosa che tocca e va in profondità, che si scava un passaggio nel cinismo con cui spesso quelli come noi, che lavoriamo nei libri e ne vediamo di ogni, vanno agli incontri con gli autori.
Ora ad essere sincera che questo fosse un incontro con una certa preziosità lo sapevo, e infatti i blogger che avevo invitato avevano capito, ed erano venuti con lo spirito di qualcosa da tenere da conto.
Io ho anche una particolare passione per il Teatro Parenti, con il suo palco essenziale e appena impolverato, in cui ci sono solo le sedie e la luce. Perchè niente deve ingombrare e impedire la voce. Perché è la voce che ci può raggiungere e salvare.
È curioso, se ci pensate, che si parli di voce, per uno scrittore, anche quando scrive. Gli scrittori cercano la propria voce, trovano la propria voce. Quella voce che gli diamo noi quando leggiamo, quando silenziosamente dentro di noi diamo un suono alle parole che troviamo sulla carta. Ognuno di noi gli darà un suono diverso, visto che siamo tutti diversi; ma quel suono avrà anche qualcosa di condiviso, di compreso, di vero per tutti.
Paolo Giordano ha una bella voce, con una erre arrotondata. David Grossman ha una bella voce, un inglese molto corretto e molto preciso per quanto straniero.
E poi David Grossman, che ieri parlava di La vita gioca con me, ha qualcosa che mi commuove e che non riesco a definire. Non mi commuove quello che dice, che pure è interessante e originale e profondo e anche tenero. Mi commuove qualcosa che arriva da più indietro e da più in fondo, da dove le parole devono ancora prendere forma ed essere trovate.
Per questo sono stata molto felice ieri sera di sentirlo, e sono dovuta andare via subito, prima dei commenti e dei convenevoli, perché quel prima delle parole restasse con me il più a lungo possibile.
Buona giornata
Anna da Re
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