Siamo davvero bizzarri, noi umani.
Per anni sono venuta in questo edificio, sono entrata dalla stessa porta e sono salita ora al quarto e ora al quinto piano. Intanto che la mia vita cambiava, che il mio lavoro cambiava, che il mondo intorno a me cambiava, io continuavo a venire in questo edificio, tutte le mattine dal lunedì al venerdì. Recentemente pensavo che il lavoro in Mondadori è stata l’unica costante della mia vita; tutto il resto è cambiato spesso e volentieri, beh, non sempre volentieri…

Poi all’improvviso è arrivata l’emergenza sanitaria, il Coronavirus, prima il lockdown e poi questa fase di coesistenza più o meno pacifica. E all’improvviso lo smartwork che era nell’aria si è rivelato efficace, funzionale, la soluzione delle soluzioni.
E il rituale dell’ufficio si è rivelato per quello che era, un rituale. Non con un vuoto totale dietro, ma con meno sostanza di quando avessimo voluto credere. Il lavoro resta, ma si può fare da dovunque.
Ciò non toglie che ogni tanto torniamo in ufficio. Io ci torno una volta alla settimana. E capisco che la parte di lavoro che vuol dire relazioni con le persone, dialogo, scambio, quella ha bisogno di un luogo che sia esterno e neutro, diverso per tutti e quindi uguale per tutti. Capisco anche che sia un cambiamento così grande che ha dei costi, monetari e non solo.
Per cui tutte le volte che vengo in ufficio, a parte la meraviglia di avere un grande schermo invece di un piccolo portatile, e di vedere tutto grande, nitido e chiaro, ho un senso di temporaneità e di incertezza. Si spediscono pacchi, si cercano persone, si bevono caffé, si cerca di concentrare tutto nello spazio di un giorno.
E per voi? Siete rientrati? Vi fa uno strano effetto anche a voi?
Ps. è chic vero la mia mascherina?
Buona giornata intanto
Anna da Re
Il naso pero’ va coperto Anna! Per la tua sicurezza.
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Lo so, ma ero in ufficio da sola
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