È buffo come certe espressioni cambino improvvisamente di significato.
Avete presente quando si risponde “siamo grandi e vaccinati” alle preoccupazioni un po’ fuori luogo di qualcuno? Un’espressione molto comune, non giovane e non social di certo, ma usata spesso e senza chiedersi il perché e il percome. Peraltro il perché viene dal fatto che la generazione dei baby boomer, o la mia che viene poco dopo, è stata una generazione di vaccinati: contro la poliomielite e il vaiolo, essenzialmente. Ci si vaccinava da piccoli, a scuola, senza troppe preoccupazioni. Che le preoccupazioni di quanto devastanti erano state quelle malattie erano molto più forti delle considerazioni sugli eventuali effetti collaterali.
Poi il mondo è cambiato ed è nato persino il movimento N.O. Vax, su cui non faccio commenti ma che appunto, è arrivato molto dopo le grandi vaccinazioni di massa.
Ora la prossima settimana farò il vaccino. E non vedo l’ora di poter di nuovo dire che sono grande e vaccinata. Perché al momento sembra veramente l’unico modo per metterci non del tutto al sicuro ma almeno in uno stato di protezione utile e importante.
L’espressione grandi e vaccinati, se mai verrà ripescata, prenderà di certo un nuovo significato. Ma questo è quello che succede alla lingua, come ai gesti, alle cose che facciamo, a quello che ci circonda. E la pandemia, con la sua subitaneità, con la forza delle costrizioni e dei ripensamenti, ha accelerato anche le trasformazioni del nostro modo di esprimerci.
E ora, spossata da altre lunghe riunioni, vi auguro buona serata
Anna da Re
Io lo sono già, grande e vaccinata. Almeno per la prima dose. Astrazeneca
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Brava! Io sono prenotata per lunedì
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