Che titolo altisonante. Che titolo pieno di promesse.
Che però no, non vi sto certo dicendo che quando usciremo ci sarà un mondo nuovo ad aspettarci. Però mi è successa una cosa. Stamattina sono andata a fare una visita medica, che era prevista a marzo e che naturalmente, non essendo urgente, non si era potuta fare.
Così, dopo un tempo che mi è sembrato lungo, molto più lungo degli effettivi 46 giorni di clausura, stamattina sono uscita un po’ prima delle 9, ho preso la macchina e sono andata allo studio medico. Dove le sedie erano distanziate, appena entrata mi hanno fatto mettere le soprascarpe, avevano guanti e mascherina, non c’è stato da aspettare nemmeno 5 minuti. Lungo il percorso c’era qualche macchina, qualche negozio con le saracinesche tirate su. Al ritorno, che era un po’ più tardi, c’era la coda davanti a un panificio (buonissimo, avevo fatto un pensiero di prendermi qualcosa ma la coda mi ha dissuaso), un po’ di persone con la mascherina e i sacchetti della spesa, passanti, gente in bici, altre auto.
Era un mondo nuovo. Ma la novità non era tanto che la gente avesse la mascherina o che i negozi fossero chiusi. Quello che mi sembrava nuovo era il mio essere di nuovo al volante, in strade familiari, percorse in macchina e a piedi e in bici. Era il mio essere in giro, che dopo il medico ho pure cercato una cartoleria per comprare delle cartucce per la stilo o dei pennarelli (non l’ho trovata). Era il mio immaginare di tornare a fare le cose che facevo prima. Come quando ci si mette un vestito che si era dimenticato di avere.
Il mondo nuovo è il mondo normale. Tenere le debite distanze mi è sempre sembrata una forma di rispetto da praticare. Non mi sono mai pigiata in un metrò stracolmo, ho sempre aspettato quello dopo. Sono sempre salita nel vagone di testa o in quello di coda del treno. Non ho mai sentito il bisogno di abbracciare gli sconosciuti. Per cui un mondo alla giusta distanza è quello per cui mi impegnerò.
Buona giornata!
Anna da Re
Rispondi