#pandemia fase 2. Di sole, caffè sul balcone, e piante ereditate

Mi è sempre piaciuto ereditare le cose che gli altri non mettevano più. Ereditare non è la parola precisa, ma in casa nostra si usava così, in modo improprio, e si sa che il lessico famigliare è qualcosa che resta e che ci arricchisce.

Nel mio guardaroba ci sono parecchie cose ereditate da zie, cugine, amiche, per non parlare di mia madre. Sono tutte cose che hanno una storia e un valore che va molto al di là di quello commerciale. Spesso sono anche cose introvabili, che testimoniano lo scorrere del tempo e il cambiare dei gusti e dei costumi. Io le conservo con grande cura ma le uso, perché le cose hanno bisogno di essere usate, se no si sentono inutili.

Sabato ero all’oasi di Legambiente, un piccolo paradiso meraviglioso che stiamo curando e che, con la primavera incipiente, si sta mostrando in tutto il suo splendore. Siamo andati a preparare un tratto di terra dove pianteremo dei cespugli, che facciano un po’ da argine al fiume e che delimitino l’area, e saranno cespugli con bacche di gradimento di vari tipi di uccelli, in modo da favorire la riambientazione della fauna propria del posto. Durante un interregno in cui Legambiente non si era occupata direttamente dell’oasi, sono stati piantati alcuni alberi, ma diciamo un po’ a muzzo. Alberi non autoctoni, o troppi di una stessa specie. C’era ad esempio un pezzo di prato in cui erano stati piantati un certo numero di nespoli. Dato che invece noi vogliamo introdurre della varietà, seppure nel rispetto delle tipologie di specie locali, un po’ di questi nespoli, ancora piccoletti, andavano tolti. Però non è che sia tanto bello e rispettoso, togliere una pianta che sta crescendo. E allora l’agronoma che ci guida ha chiesto c’è qualcuno che vuole un nespolo? E io ho detto, beh, se si può tenere in vaso in balcone io lo prendo. E siccome la risposta era sì, ecco che ho ereditato il nespolo. Poi già che c’ero ho preso anche il nespolino, che mi faceva ancora più pena, poverello. E poi siamo passati su un altro prato e qualcuno aveva calpestato i narcisi che erano appena sbocciati, e l’agronoma ne ha raccolti tre, che erano recisi ma vivi, e ha chiesto se qualcuno li voleva, che messi in un po’ d’acqua sarebbero fioriti. Potevo dire di no?

E siccome c’è questo bel sole caldo ieri mattina ho invasato i nespoli, che non so perché mi hanno fatto venire in mente i Teddy Bear che avevamo da bambini, Teddy grande e Teddy piccolino. Due in tre… non so bene perché, ma non mi sembra che abbiamo mai litigato per questo, con i miei fratelli… E poi ho messo i narcisi nell’acqua, che puntualmente ho trovato fioriti quando sono tornata a casa.

E dopo pranzo mi sono seduta sulla mia poltroncina (ereditata anche questa, dai miei amici di Livorno) e ho bevuto il caffè scaldandomi al sole, e guardando un’altra pianta, questa non ereditata ma regalatami dalla mia amica Chiara.

Curare le piante, godersi il sole del balcone, bere il caffè che mi piace guardando il verde che pian piano cresce sono tra le cose per cui no, non vorrei più rinunciare allo smart working.

Buona giornata intanto!

Anna da Re

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