Io penso in modo disordinato. Me ne accorgo soprattutto sul lavoro, che ho sempre di fianco un quaderno su cui mi appunto le cose. Perché da un pensiero ne arriva un altro e poi un altro, con una sequenza che seppure non è casuale spesso lo sembra perché ci dimentichiamo parecchi passaggi e nessi, o almeno io mi dimentico parecchi passaggi e nessi.
Mettere in ordine i pensieri d’altro canto è riconosciuta come un’attività difficile quando necessaria, se c’è proprio un modo di dire apposta, che nemmeno gli inglesismi recenti e i riferimenti ai social network hanno potuto scalzare. Queste considerazioni, chissà dove mi porteranno ma so da dove sono partite. Da un post dell’amico Paride Candelaresi che ha mostrato il disordine che crea quando mette in ordine. Lo ha fatto per i libri, io lo faccio per i vestiti e spesso anche per il contenuto dei mobili. Non puoi mica mettere ordine se prima non hai tirato fuori tutto e scelto un criterio con cui farlo.
Farlo con i pensieri che sono immateriali è ovviamente più difficile. Io scrivo, come potete immaginare visto questo blog. E anche scrivere non è senza rischi e inganni. Succede che ci si lascia andare alle elucubrazioni oppure a connessioni ardite ma prive di fondamento. Però la scrittura in genere costringe a un certo ordine, proprio per la lentezza, per il tempo che richiede il mettere le parole sulla carta (o sullo schermo), e perchè le frasi, i periodi, per avere un senso compiuto devono rispettare delle regole (che nella versione orale è più facile ignorare). Altre persone parlano, disegnano, camminano, immagino ci siano molti modi di riordinare le idee.
E appunto c’è sempre un riordino. Non mi sembra ci sia un modo di pensare ordinato che si può seguire in corso d’opera. Un po’ come se si fosse sempre in brainstorming, buttando lì tutto quello che viene in mente e poi lavorando di setaccio e di scelta. E tutto quello che perdiamo, tutti i passaggi da un pensiero all’altro, tutte le deviazioni laterali, tutti i voli pindarici, tutte le tangenti… che fine faranno?
Non lo so davvero. E voi?
Intanto buona giornata
Anna da Re
La mia insegnante di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali delle scuole medie inferiori, deceduta lo scorso anno, affermava che il disordine fosse complice degli errori: mai affermazione fu così veridica.
Giustissima l’osservazione in merito alla maggiore attenzione che suscita o, quantomeno, dovrebbe suscitare l’uso della lingua scritta, ancorché molti ne prestino poca o punta: dall’incipit di un periodo con la parola “che”, pronome relativo o congiunzione dichiarativa quale essa all’assenza del modo congiuntivo, passando per i più disparati periodi anacoluti, ben diversi da quelli impiegati dal Manzoni come mezzo espressivo.
Una nota umoristica: dove vadano le tangenti è fin troppo noto.
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