In Trentino ci sono diversi posti dove sono rimasti e continuano a vivere dei larici secolari. I larici sono delle piante resistentissime (in ampezzano il soprannome “laresc” si dà a quelle persone che sono forti e solide) e sono anche delle piante pioniere: vanno a colonizzare dei posti e poi, se le condizioni sono accettabili, lasciano spazio ai pini e agli abeti, che a noi sembrano incrollabili ma che invece tendono a mettere radici in larghezza invece che in profondità, e quindi sono abbastanza fragili. Non a caso i parquet di larice sono usati nelle fabbriche, nei negozi, nelle situazioni in cui ci vuole più resistenza che bellezza. A parte il fatto che io personalmente trovo meravigliosi i pavimenti fatti di listoni di larice…
Ci sono dei larici secolari nella valle di Pejo, ma quando ci sono andata io il sentiero era inaccessibile per via di neve, frane e trochi caduti. In Val di Rabbi invece i larici secolari si potevano raggiungere, attraverso una scalinata che si trova alla fine di una valle. La valle è meravigliosa e sembrava una fiaba: prati verdi fioriti, il ruscello che cantava e scendeva sinuoso, le malghe di legno, le mucche con i campanacci, un laghetto, più in alto una cascata, e più in alto ancora cime innevate e nevai e nevaietti, semplici chiazze rimaste in ombra, canaloni e dirupi.
La scalinata è molto erta, pietrosa ma curata, con anche qualche parapetto. E per ogni larice c’era l’età e il nome d’arte, perché ogni larice aveva una storia.
Sapete che sono una grande ammiratrice di Stefano Mancuso e di quello che ci ha insegnato sulle piante. Ora i larici secolari sono andati a mettersi in un punto della valle veramente ostico: scosceso, pieno di pietre e soprattutto sotto un costone che, quando arrivano vento e tempeste, scarica giù di tutto. Immagino che, dato che essendo alberi non possono scappare, si siano messi lì per evitare animali e animaletti. Loro essendo larici mettono radici anche tra due sassi, e sviluppano le radici in profondità.
Con la luce, il sole, l’acqua e la neve, sono cresciuti, belli dritti e rivolti al cielo. Poi gliene sono capitate di tutti i colori. Pietre che volavano dal costone sopra e che si schiantavano contro il tronco, valanghe, scariche di sassi a non finire. Ma i larici non sono tipi che si arrendono. Qualcuno si è diviso in due, qualcuno ha dato tutta la linfa e tutta l’energia all’unico ramo che poteva crescere, qualcuno ha costruito una famiglia di laricetti sul tronco mezzo maciullato del genitore. Insomma tutti, con storie diverse, si sono sviluppati secondo quello che le condizioni esterne gli consentivano. Di certo qualcuno non ce l’avrà fatta, forse in molti non ce l’avranno fatta. Ma quelli che sono qui a raccontarcelo sono dei grandi esempi: non è che puoi passare la vita a lamentarti che il costone sopra ti scarica i sassi o che la neve ti viene addosso tutta insieme. Ti fai furbo e ti organizzi per resistere.
E noi? Impariamo o no?
Buona giornata!
Anna da Re
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