L’utilità dell’inutile. Un’idea in buona compagnia

Stamattina facendo il mio solito giro di ricognizione su Facebook e Instagram sono incappata in un post che riporta la foto di Agnes Heller e questa sua frase:

“Se qualcuno dovesse chiedermi, come filosofa, che cosa si dovrebbe imparare al liceo, risponderei: “prima di tutto, solo cose “inutili”, greco antico, latino, matematica pura e filosofia. Tutto quello che è inutile nella vita”. Il bello è che così, all’età di 18 anni, si ha un bagaglio di sapere inutile con cui si può fare tutto. Mentre col sapere utile si possono fare solo piccole cose.”

Mi è piaciuta molto, questa frase, e infatti ho condiviso il post. Mi piace l’idea che quello che è apparentemente inutile sia in realtà qualcosa che permette alla mente di allargarsi, di non mettere confini, di immaginare oltre e di non limitarsi. Non si sa mai da dove arrivano le idee. Ma certo più la mente è stata allenata a sfidare le difficoltà, a esercitarsi su quel che non capisce, ad andare avanti e indietro in un tempo che non vive ma che può solo pensare, più è probabile che riesca a creare collegamenti inediti, e quindi oggetti, esperienze, progetti, programmi inediti. La scuola e lo studio servono a quello, non a imparare un mestiere; meno che mai in un tempo in cui i mestieri nascono e muoiono con una rapidità mai vista prima.

Non che le piccole cose fatte con il sapere utile non siano importanti. Però anche le piccole cose si possono fare in modo nuovo e diverso, più veloce o meno faticoso, e le conoscenze inutili si verificano sorprendentemente utili in questo.

In casa mia si dice “già che sei sugli affari inutili, perché non fai…” e si chiedeva un favore. E gli affari inutili erano infiniti, sostanzialmente erano tutte quelle cose che si sarebbero potute rimandare senza grandi danni. Studiare non era mai un affare inutile. Lavarsi, rifarsi il letto, tenere in ordine le proprie cose non era un affare inutile. Lo sport non era un affare inutile. La musica non era un affare inutile.

E i miei selfie? Anche loro potrebbero tranquillamente essere rubricati tra gli affari inutili. Di certo non sono necessari e non cambiano la vita di nessuno. Non allargano neppure gli orizzonti di pensiero, ne sono ben consapevole. Però sono un modo per dire ci sono, anche stamattina sono qui e vi sorrido. Sono un modo per dire sono contenta, siate ottimisti, il mondo è un luogo pieno di possibilità oltre che di nefandezze. Sono come il vicino di casa che vi dice sempre buongiorno con un sorriso, che piova o ci sia il sole, che gli sia successo qualcosa di tremendo o qualcosa di bello.

E i miei post? Certo, anche loro vanno allegramente tra gli affari inutili.

Eppure per me questo spazio è importante, e lo è esattamente perché è inutile. Non ci ricavo del denaro, non me ne è venuto nessun vantaggio (mai un’offerta di borse da Bottega Veneta o di cappotti da Brunello Cucinelli, per dire). È una sfida riuscire a scrivere qualcosa ogni giorno. È una sfida trovare le immagini o far vedere se stessi again and again. È una sfida stare attenti a non offendere nessuno, a non mettere nessuno in difficoltà ma nello stesso tempo essere sinceri e autentici. È una sfida raccontare di sé ma solo un po’. È una sfida anche parlare di libri sapendo che lavoro per un editore. È una sfida mantenere un certo traffico, accettare che ci siano dei giorni con pochi passaggi, che ci siano dei post che non interessano, che qualcuno ti critichi senza che tu capisca perché.

Infine vi aggiungo questo: se mettete la parola Inutile su Google, vi vengono fuori una quantià di libri impressionanti. Basterebbe questo per dire quanto è utile l’inutile, no?

Buona giornata e buon weekend!

Anna da Re

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6 risposte a "L’utilità dell’inutile. Un’idea in buona compagnia"

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  1. Purtroppo, oggigiorno, si trascura il formare l’Uomo per dare la priorità al formare il lavoratore, considerando una persona solo come una macchina dotata di quattro arti per compiere una determinata mansione. L’impostazione così bieca proviene dagli Stati Uniti d’America ed è stata importata in Europa e, quindi, anche in Italia, dove, peraltro, covava come brace sotto la cenere, negli anni Ottanta del secolo scorso. Il noto sito Quora è pieno di domande volte a conoscere quali studi consentano guadagni più elevati, impegni minori e via spropositando. Ricordo il mio Reverendo Professore di Letteratura Italiana e Latina al terzo e quarto anno del Liceo Scientifico: un insegnante che, giustamente, sosteneva la necessità di formare prima l’Uomo, poi il tecnico, ancorché io gradissi e tuttora abbia in uggia il mondo della Letteratura e quanto vi ruoti intorno. Parimenti, non ho mai considerato lo studio un investimento che debba poi, con l’attività lavorativa, rientrare e dare una rendita economica, come molti, tra cui anche i miei familiari più stretti, vorrebbero propinare: studiare costa un certo numero di euro e si deve fare un lavoro compatibile con quello studio e che possa ripagare quella spesa. Nulla di più sbagliato! Ribadisco la mia piena adesione al Suo scritto.

    P. S.: bella la gonna con le tasche, così rare in questi capi d’abbigliamento, ma così utili.

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  2. Concordo con le idee espresse in questo post. Secondo me l’inutile aiuta a superare le sfide dell’utile. Bello anche l’outfit con la gonna… Un capo che a me piace moltissimo, ma che riesco a trovare sempre più difficilmente…davvero deliziosa la gonna di jeans… anche per la lunghezza… Spero tu continui con i tuoi post. Saluti Caterina

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