Ci sono degli oggetti che ci vengono regalati, ma restano di chi ce li ha donati. Restano nel nome e quindi anche nella memoria e nella discendenza.
L’orologio che forse amo di più e che porto spesso al polso è “l’orologio di papà”. Questo è il suo nome e la sua definizione, nonostante tecnicamente siano molti di più gli anni in cui l’ho portato io che non gli anni in cui l’ha portato lui.
Gli era stato regalato quando aveva preso la libera docenza, che la maggior parte di voi non avrà neppure sentito dire visto che non esiste più. È un’istituzione abolita negli anni 70, per la quale dei laureati e degli studiosi potevano conseguire l’abilitazione all’insegnamento anche in assenza di una cattedra. Mio papà aveva due lauree, lavorava in un laboratorio di ricerca farmaceutica in un’azienda, e a un certo punto ha deciso che voleva entrare all’università. La libera docenza era un passo necessario, che comportava studi e lavoro e anche un esame che si faceva a Roma. Io ero piccola e ho dei vaghi ricordi. È stato un momento importante nella vita della famiglia. Un momento anche controverso, perché lasciare una brillante carriera nell’industria per ricominciare da capo all’università era un passo azzardato, che per esempio al nonno Carlo, il papà di mia mamma, non piaceva per nulla. Un passo pieno di conseguenze, la prima delle quali è stata partire alla volta di Perugia. La casa di Perugia, era in via della Cupa, aveva un grande terrazzo che affacciava su un collegio ma per arrivarci si doveva passare sotto una volta che era troppo bassa per il camion del trasloco. La città era tutto un saliscendi, e d’inverno c’era il ghiaccio. Era tutto molto esotico e bizzarro, per me un’avventura e penso anche per i miei fratelli. Di certo è stato l’inizio di una vita un po’ diversa e speciale, per i tempi. A momenti anche difficile, ma che penso mi abbia arricchito e contribuito a farmi essere quella che sono.
Quanto alla libera docenza, il nonno Gianni, il papà di mio papà, invece ne era così orgolioso che ha suggellato l’evento con uno splendido orologio.
Quindi l’orologio di papà è l’orologio della libera docenza. Io l’ho sempre trovato di una bellezza ultradesiderabile, la quintessenza dello stile, con la sua semplicità e pulizia di forma e colore. Gli ho fatto una corte spudorata, cercando di farmi promettere da mio papà che quell’orologio sarebbe toccato a me. E lui me l’ha dato, a un certo punto, aveva smesso di portarlo e mi ha detto puoi metterlo tu, visto che ti piace tanto. E da allora lo porto spesso, lo guardo e lo trovo veramente chic.
Purtroppo ho più di un orologio con una storia e che mi piace portare, e quindi li alterno e mi sembra sempre di fare un torto a quello che non sto portando.
Ma questo è un po’ il destino delle cose di famiglia. Io sono molto felice di essere l’incaricata che traghetterà l’orologio di papà ai posteri. E con questo blog, anche la sua storia.
Buona giornata!
Anna da Re
Rispondi