Uno dei libri che ho detestato di più. Lo confesso senza vergogna, e sono sicura di non essere stata la sola. Di certo lo si leggeva male. Lo si trangugiava a forza. Al ginnasio lo leggevamo a capitoli, e per ogni capitolo bisognava fare il riassunto scritto, e quando si arrivava alla fine si era così sfiniti che l’idea di fare un’analisi di quello che si era letto era proprio l’ultimo ma l’ultimo degli ultimi dei pensieri.
Al liceo (che sì, io sono di quei tempi in cui il liceo classico era fatto di quarta e quinta ginnasio e poi tre anni di liceo) lo si rileggeva perché il programma di letteratura italiana prevedeva Manzoni, e io mi ricordo che avevo una prof che era fantastica e che con mia grande sorpresa quando siamo arrivati a studiare I promessi sposi invece di magnificargli e sotto sotto dirci quanto eravamo stupidi a non apprezzarli, li ha definiti “un romanzo passatista”. L’ha confrontato con i contemporanei russi e francesi, che io ho cominciato allora a leggere con avidità. E soprattutto, finalmente qualcuno che osava trovare un difetto in quello che tutti davano per scontato, qualcuno che aveva una visione critica, qualcuno che ci aiutava a capire. Quella professoressa di italiano è l’unica che ricordo davvero di tutti gli anni di scuola, quella da cui ho imparato cosa volesse dire veramente studiare. Gliene sarò sempre grata.
Liberatami così elegantemente dall’obbligo di apprezzare I promessi sposi, non ci ho più pensato fino a quando, all’inizio di questa emergenza, alcuni hanno ripreso la descrizione degli untori da parte del Manzoni. E avendo superato i fifty e quindi potendomi permettere di contraddirmi, mi sono detta forse potrei rileggerli, I promessi sposi.
Non è che li abbia cercati proprio attivamente nelle librerie di casa, ho dato un’occhiatina e non l’ho visto. Così ho detto a mia sorella, sai che non ho I promessi sposi, che strano, si vede che anche la mamma non li aveva. E lei mi ha detto forse l’abbiamo consumato a furia di leggerlo a scuola.
Poi ieri sera cercavo un altro libro, e I promessi sposi erano lì che mi guardavano. Non proprio con aria di rimprovero. Ma un po’ sornioni. Come a dirmi vedi un po’ tu, se vuoi continuare a ignorarci non c’è problema, noi ce ne restiamo qui tranquilli. E aprendo il libro ecco che compare la scrittura della zia Neva, che mi aveva preso alla lettera quando le avevo detto sarebbe bello che sui libri e sui quadri ci fosse scritto da dove vengono, che si potesse ricostruire la storia anche di quando non c’eravamo ancora. Ed ecco la che la zia ha scritto “Da Bologna, 4-1-54”. Noi la prendevamo un po’ in giro, per la sua pignoleria e precisione. Perché se le dicevi aspettaci qui lei ci aspettava esattamente nel punto che avevamo detto, senza muovere un passo. Resto qui come un carabiniere, ci diceva. E a volte la facevamo aspettare al freddo, quando ci portava a sciare e noi eravamo diventati bravi e lei era rimasta a ripetere la prima classe, lo spazzaneve. Mi sono specializzata nello spazzaneve, ci diceva. E ci mandava a fare le piste difficili e i fuori pista da soli, ci aspettava per il pranzo e poi per la merenda. Ci viziava con la cioccolata calda e i krafpen e lo strudel.
A questo punto il libro l’ho tirato fuori dallo scaffale e fotografato. E mi sa che davvero lo rileggerò.
Vi tengo aggiornati. E intanto buona giornata!
Anna da Re
ci siamo passati un po tutti ma alla fine lo ricordiamo ancora!
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E lo devi leggere! Perchè è davvero bello, e Manzoni è molto ironico, e si legge tutto d’un fiato e, pandemia a parte, come tutte le grandi opere è sempre attuale (e non è un luogo comune)
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C’è l’ho qui pronto, finisco quello che sto leggendo ora e poi ne scriverò! Tu stai bene?
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Tutto bene grazie per ora.
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