Avevo scritto questo post dal telefono, perché ero sul terrazzo e mi faceva piacere scriverlo mentre sedevo sulla sdraio al sole. L’ho anche pubblicato.
Poi, alla faccia di quelli che dicono che è uguale lavorare dal telefono e dal computer, ho cercato di tornare alla pagina precedente e ho cancellato il post. Non ci volevo credere.
Non che non mi ricordi quello che avevo scritto. Ma accidenti, queste app che ci magnificano, questo mito del puoi fare tutto da dovunque, è davvero una superbufala. E io che stavo scrivendo di pacatezza. Di una qualità che vorrei tanto avere. Una qualità che ora mi farebbe dire che so, che è giusto che io riscriva questo post perché quello di prima non era poi così perfetto. Invece di essere seccata con WordPress.
Ero partita da un libro. Giovedì sera, che ero proprio stanca e l’idea di leggere sull’iPad non mi andava proprio, mi sono avvicinata alla libreria. A parte lo sguardo sornione de I promessi sposi, di cui vi ho raccontato ieri, mi guardava in un certo qual modo il terzo volume di 1Q84 di Haruki Murakami. Era il libro perfetto per quel momento.
Ho una passione speciale per Murakami. Per la sua pacatezza. O almeno quella che ci arriva dai suoi libri, dai suoi personaggi, dalla sua scrittura (e anche dalla traduzione, perché Murakami ha il privilegio di essere sempre tradotto da Giorgio Amitrano).
I piccoli gesti quotidiani, la semplicità e a tratti l’essenzialità, la cura del particolare. Ci sono in tutti i libri di Murakami, e su di me esercitano un grande fascino. Appunto quello di una pacatezza molto cercata e non sempre trovata.
E in questo sabato, sul mio terrazzo che è certamente un angolino di pace, lontana dai litigi che stanno avvelendando il dopo ancora prima che arrivi, coltivo la mia idea, se non la pratica, di pacatezza.
Buon pomeriggio!
Anna da Re
io non li conto più…..
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