In qualche modo, noi esseri umani ci abituiamo in fretta. Non che 60 giorni siano pochi, o siano stati pochi, ma in qualche modo avevamo preso un ritmo, delle abitudini, dei modi di comportarci. Ognuno un po’ diverse, si sa, ma tutto sommato adeguate all’emergenza Coronavirus.
Poi lunedì è cominciata la Fase 2. Un po’ si apre e un po’ no, ci si può spostare ma non troppo, si possono vedere delle altre persone ma a distanza, con un margine di interpretazione sufficientemente largo perché la critica del prossimo continui ad essere lo sport nazionale e l’alimento dei social, e perché nel non saper bene cosa fare ognuno faccia un po’ a modo suo.
Per molti di noi non c’è questa gran differenza, il lavoro continua a essere da remoto, la casa continua a essere il centro delle giornate.
E oggi pensavo a questi weekend molto calmi, non di certo inattivi perché c’è sempre qualcosa da fare per Legambiente, qualcosa da leggere per lavoro o per piacere, qualcosa da sistemare in casa, ma diversi. Ho pensato che cosa farei se non fossimo in emergenza, e dato il tempo meraviglioso, mentre camminavo per le strade ormai molto animate, mi sono detta a quest’ora starei tornando dalla montagna, oppure dal tennis, oppure da Livorno, e anche se ovviamente mi farebbe più che piacere poterlo fare, pure significherebbe mettersi in una diversa disposizione d’animo, organizzarsi, scegliere, prepararsi. E significherebbe lasciare il cesto della biancheria pieno, fare la spesa tutta insieme quando il frigo è completamente vuoto, posticipare il lavaggio della lana invernale, leggere solo quando la sera è scesa fitta, abbandonare le piante a se stesse. Non c’è nulla di male in tutto questo, eh, però insomma, è anche tutto meno semplice di quello che sembra.
Così, questi sono i pensierini di sabato.
Buona serata!
Anna da Re
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