#pandemia zona rossa. Io Zoom, Meet e compagnia li ringrazio proprio di cuore

Sabato sera ho fatto un incontro divertente, su Zoom, con mia sorella e un vecchio amico ritrovato. Coordinate spaziali: Bergamo, California, Monza. Una volta al mese faccio un incontro su Zoom con mia sorella, mia nipote, mia cognata e alle volte altri due nipoti. Coordinate spaziali: California, Colorado, Monza, Cogolin, Ancona. Martedì e giovedì faccio yoga su Meet. Non so le coordinate di tutti, ma si parte da Roma e si passa da Monza, Lodi, Cogolin, California e chissà dove altro, perché ci sono molte persone che non conosco. Mercoledì Feldenkrais su Zoom, che è un po’ più locale ma attraversa pur sempre Monza e Brianza in lungo e in largo.

Certo, sarebbe molto più bello vedersi di persona. In certi casi sarebbe anche molto complicato. E poi tutti questi sarebbe, vorrei, se si potesse, tutti questi condizionali e pure congiuntivi che improvvisamente sono tornati a palesarsi nella nostra lingua, con buona pace di chi li credeva morti, direi mo’ basta. Si vive la vita che c’è.

C’è una frase in particolare, che circola da un po’ e che denuncia la nostra incapacità di vivere appieno quello che abbiamo e il tempo presente. La frase dice “eravamo felici e non lo sapevamo”. L’avrete sicuramente sentita perché circola da un po’ e ne sono stati fatti dei meme che girano nei gruppi Whatsapp (dove peraltro girano in abbondanza le “martolate”, come le chiama una mia amica).

Ora a parte che verrebbe da rispondere ma parla per te, io quando ero felice lo sapevo benissimo, questa frase la dice lunga sulla consapevolezza, sul senso che molti di noi hanno di quello che stanno vivendo. Arrivata la pandemia, la vita precedente, di cui la maggior parte delle persone si lamentava (non mi sento e non mi metto in quella maggior parte deliberatamene, e voi che mi leggete sempre sapete perché), è diventata un paradiso perduto. E quella di ora è diventata un inferno, anche per chi, come me e la maggior parte di chi mi legge, è abbastanza fortunato da avere ancora la salute, un lavoro, una casa, degli affetti.

Mi succede, per esempio quando torno a casa dal tennis e vado sotto la doccia calda, di pensare che cosa meravigliosa, aprire il rubinetto e farsi colare addosso un getto di acqua calda, regolata calda al punto giusto per me. Non è scontato. Non è automatico. Non è un diritto. Come avere la frutta nel cesto e la verdura nel frigo, e magari anche il cioccolato, e il caffè. E un guardaroba con più vestiti di quanti ce ne potremmo mettere pure cambiandoci tutti i giorni. Io provo una grande gratitudine nei confronti di questa fortuna fatta di tante piccole fortune, che magari singolarmente non sembrano granché ma tutte insieme fanno la differenza. Un’enorme differenza.

Allo stesso modo provo una grande gratitudine per chi ha inventato Zoom e Meet e tutti i sistemi che ci mantengono connessi, che ci fanno annullare per un poco le distanze e tutto quello che impedisce di essere con chi vorremmo. Anche per chi lavora, costantemente e con grande cura, perché tutto questo funzioni tutti i giorni, nonostante il numero di persone agganciate alla rete sia gigantesco e probabilmente in crescita.

Apprezziamo quello che abbiamo. Non soltanto il cielo azzurro, la primavera con gli uccellini, la salute e il benessere. Apprezziamo anche che viviamo in un mondo pieno di possibilità. Certo, mi direte voi, le possibilità sono per pochi privilegiati e non certo per tutti. E allora a maggior ragione se siamo tra quei privilegiati, non dovremmo neanche osare di pensare di lamentarci e di rimpiangere il bel tempo che fu. Casomai dovremmo impegnarci perché aumenti il numero di persone che stanno meglio, da tutti i punti di vista, per non abusare di tutta l’energia che usiamo per le nostre connessioni, e facendo qualcosa per gli altri e per l’ambiente che ci circonda (che vuol dire la natura ma anche noi e gli altri).

E siamo alla predichetta numero… 5?

Buona giornata

Anna da Re

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