Lunedì, ancora vagamente stordita dal weekend di Bookcity, mi sono concessa il pomeriggio per andare a un evento molto importante: l’apertura della Gariwo Netweek, l’edizione 2022 di GariwoNetwork, la rete di tutti coloro che si occupano di Giusti. Quest’anno si tratta di una rassegn che dura una settimana fatta di incontri, attività per gli insegnanti, un estratto dello spettacolo teatrale Il memorioso e molto altro.
L’apertura era dedicata al tema L’etica dell’odio. Non potevo mancare. E mentre ascoltavo mi sono sentita a casa, in un luogo dove sebbene non fossi mai stata si parlava di quello che conta, delle scelte fondamentali della nostra esistenza, dell’importanza di scegliere da che parte stare, di essere sempre attenti a quello che circonda e alla facili derive verso la prevalenza dell’odio.

In apertura, il caro e bravo Gabriele Nissim che non si stanca mai di parlare della memoria e della prevenzione del male, del rischio che tutti i genocidi, un giorno anche non lontano, vengano dimenticati. Un rischio che ha paventato anche Liliana Segre, in un messaggio che ha mandato e che è stato letto proprio all’inizio dell’incontro. Un rischio contro cui il network Gariwo lavora costantemente, con i Giardini dei Giusti, con la presenza nelle scuole, con la promozione di un’educazione etica. Dice Nissim: se nelle scuole c’è una materia come l’educazione fisica, perché il corpo va studiato e guidato a svolgere al meglio la sua funzione, a maggior ragione ci dovrebbe essere l’educazione etica, per studiare e conoscere l’etica, i valori che fondano la società, i valori che ci servono per convivere in pace e serenità. Anche perché, molto banalmente, se si fa del bene si sta anche bene con se stessi.
Viene citata Margaret Mead, alla quale era stato chiesto quando gli uomini erano diventati umani. E Mead aveva risposto raccontando quando era stato ritrovato un femore risanato: voleva dire che in quel momento e in quella società c’era stato qualcuno che si era preso cura di qualcun altro, ferito, e lo aveva aiutato a guarire.
E poi arriva Vito Mancuso. Che comincia con don Milani (consapevole che per la platea di giovani è un perfetto sconosciuto) e con il suo I care, che guarda caso si oppone esattamente al Me ne frego di fascista memoria, con il fascino esercitato dal male e con il fatto che in ogni epoca c’è sempre stato molto odio. E molti tipi di odio: padri-figli, madri-figli, mariti-mogli, odio politico di destra e di sinistra, odio plebeo verso i migliori, e via e via. Che viene dall’ignoranza e dal pregiudizio che l’odio sia più forte. E non c’è nulla di male a voler essere forti, solo che l’odio e il male non sono più forti. Anzi se riusciamo a guardare il mondo nel suo complesso, non esistono cose che non siano il risultato di una relazione, di un’aggregazione, di un’armonia. Lo dimostra anche la fisica quantistica, oltra alla nostra personale ed empirica esperienza.
E il bene è dentro di noi. Come fare per coltivarlo, e così disinnescare l’odio? Per Vito Mancuso (e io condivido pienamente) ci sono due condizioni principali: avere un’apertura del cuore e della mente verso qualcosa di più grande di noi, essere attratti da una luce più grande di noi; e stare soli con se stessi, in raccoglimento, in silenzio, per capire e accogliere quella luce, e trovare la nostra voce e i nostri passi per quel bene. Non a caso i regimi totalitari fanno di tutto per impedire alle persone di stare da sole. Non a caso i social media, quando eccessivi e dominanti, ci impediscono di stare da soli in quel modo produttivo e raccolto di cui in realtà ognuno di noi ha profondamente bisogno.
Vi ho raccontato quello che sono riuscita, ma potete trovare molto di più a questi link
Io concludo con una meravigliosa poesia di Wislawa Szymborska, che sicuramente conoscete ma che ogni tanto, o anche ogni spesso, fa bene rileggere.
Guardate com’è sempre efficiente,
come si mantiene in forma
nel nostro secolo l’odio.
Con quanta facilità supera supera gli ostacoli.
Come gli è facile avventarsi, agguantare.
Non è come gli altri sentimenti.
Insieme più vecchio e più giovane di loro.
Da solo genera le cause
che lo fanno nascere.
Se si addormenta, il suo non è mai un sonno eterno.
L’insonnia non lo indebolisce ma lo rafforza.
Religione o non religione –
purché ci si inginocchi per il via
Patria o no –
purché si scatti alla partenza.
Anche la giustizia va bene all’inizio.
Poi corre tutto solo.
L’odio. L’odio.
Una smorfia di estasi amorosa
gli deforma il viso.
Oh, quegli altri sentimenti –
malaticci e fiacchi!
Da quando la fratellanza
può contare sulle folle?
La compassione è mai
arrivata per prima al traguardo?
Il dubbio quanti volenterosi trascina?
Lui solo trascina, che sa il fatto suo.
Capace, sveglio, molto laborioso.
Occorre dire quante canzoni ha composto?
Quante pagine ha scritto nei libri di storia?
Quanti tappeti umani ha disteso
su quante piazze, stadi?
Diciamoci la verità:
sa creare bellezza
Splendidi i suoi bagliori nella notte nera
Magnifiche le nubi degli scoppi nell’alba rosata.
Innegabile è il pathos delle rovine
e l’umorismo grasso
della colonna che vigorosa le sovrasta.
È un maestro del contrasto
tra fracasso e silenzio
tra sangue rosso e neve bianca.
E soprattutto non lo annoia mai
il motivo del lindo carnefice
sopra la vittima insozzata.
In ogni istante è pronto a nuovi compiti.
Se deve aspettare aspetterà.
Lo dicono cieco. Cieco?
Ha la vista acuta del cecchino
e guarda risoluto al futuro.
– lui solo.
Buona serata!
Anna da Re
Grazie per questa lettura, e per la poesia, che conserverò.
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