Avendo a che fare con la burocrazia mi sono ricordata il mio sogno ricorrente, molto kafkiano, in cui mi perdo e cerco di ritrovare la strada e progressivamente mi perdo sempre di più… la burocrazia evoca qualcosa di profondo dentro di me?
Sono una di quelle tante persone che hanno difficoltà a trattare con la burocrazia. Mi manca sempre un documento, non capisco quello che mi chiedono, mi dimentico le scadenze. Mi sento stupida e inadeguata, di fronte alla burocrazia. E quando mi lamento con gli amici della mia inettitudine, gli amici mi confortano dicendo che succede anche a loro, che la burocrazia ha una logica sua e diversa, che nessuno capisce, ecc. ecc. E per carità, gli credo.
Ma poi mi sono messa a pensare (ancora!). Come ho scritto ieri su Facebook, ho sentito il bisogno di smettere di scrivere solo perché lo dovevo fare. Mi sono trovata contesa tra l’impegno di scrivere un post al giorno e quello di scrivere qualcosa di significativo. Mi sono resa conto che non pensavo abbastanza, e non potevo scrivere qualcosa di sensato. Pensare richiede tempo e spazio, e non mi stavo concedendo abbastanza né dell’uno né dell’altro. Poi martedì, quando sono tornata al lavoro dopo un bel weekend passato con la mia amica Patriza e un lunedì passato al Salone del libro di Torino, quando sono tornata ho letto un articolo sulla Lettura, il supplemento della domenica del Corriere della sera, su un tizio che deciso di limitare la sua presenza e la sua frequentazione dei social, di controllare le email solo due volte al giorno e alla fine ha notato che non solo la sua vita, soprattutto la sua vita mentale, era migliorata, ma anche il suo business (quello che aveva paura di perdere se fosse stato di meno sui social).
Così ho deciso di scrivere meno e pensare di più. Vediamo che succede!
Tornando alla burocrazia, mi sono ricordata che uno dei miei sogni ricorrenti è una situazione in cui ho perso qualcosa di necessario, mi sono persa, sono in ritardo, e cerco spasmodicamente di rimediare, e più cerco di rimediare più mi perdo… Situazioni kafkiane insomma. E così ho pensato che il senso di perdita e di disorientamento che provo negli uffici pubblici mi disturba tanto perché evoca qualcosa dentro di me. E’ un punto che devo studiare.
Un’ultima cosa prima di passare ai vestiti: smetterò di scrivere una volta al giorno. Credo che scriverò due volte a settimana. Deciderò quali giorni e saranno due appuntamenti con voi. E spero che questo migliori la qualità di quello che scrivo e aumenti la soddisfazione, mia e vostra!
Ora che l’estate è quasi arrivata e finalmente fa caldo, mi sono messa dei bellissimi pantaloni, presi da Zara, molto larghi, comodi e cool. Con una semplice T-shirt bianca e un giacchino di cotone grigio. E vi ricordate le mie scarpe Barrito? Le ho ancora e mi piacciono ancora! Non sono fortunata? E non sono davvero #50chic?
Buona giornata!
Anna da Re
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