Periodicamente, nelle newsletter che ricevo o nei giornali che compro, c’è un pezzo sul minimalismo. Ritorno, rilancio o riscoperta, è sempre uno stile che a me piace molto e che in un certo senso mi viene naturale.
Non ho mai dovuto ricorrere ai consigli di Chanel di togliersi l’ultimo accessorio che avevamo aggiunto prima di uscire. O meglio sì, mi è capitato. Ma più spesso mi capita di guardare come si vestono le altre signore, nelle più svariate occassioni, e di accorgermi che anche quando non penso di esserlo sono minimalista.
Perché mi piace tanto e mi ci trovo così bene? Capisco che non è una domanda fondamentale e che potremmo vivere tutti benissimo senza saperlo. Ma dopotutto questo è un blog di moda, un diario del quotidiano, e qualcosa di ozioso ci sta.
E non sono sicura che ci sia una ragione. Nel senso che gli eccessi mi divertono, l’eccentricità mi affascina, così come la distonia. E quindi non dovrei essere minimalista per niente. Invece su di me è come se gli eccessi fossero eccessivamente eccessivi ed eccentricità e distonia si dovessero limitare a un pezzo, accessorio o capo base che sia. Succede anche nella lettura e nella musica. Adoro Raymond Carver e all’inizio mi piacevano molto anche Susan Minot e David Leavitt; adoro Philip Glass e Arvo Part. Ma con lo stesso slancio adoro anche Garcìa Marquez e Vladimir Nabokov, per non parlare di Beethoven e Verdi. E che dire di Iris Afpel e di certe mise che si trovano sugli account Instagram Advanced Style o The Sartorialist.
Forse si tratta del fatto che rendere necessario il superfluo richiede molto più talento che non limitarsi a togliere tutto quello che non è necessario. Un talento che alcuni grandi possiedono. E che quando viene dispiegato suscita meraviglia. Nel minimalismo si sta bene, si sta a proprio agio, è confortevole, pacato, rilassante. Negli eccessi oltre alla meraviglia capita anche il mal di testa.
E voi che ne pensate?
Buona giornata intanto
Anna da Re
Chic After Fifty 
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