Signore invisibili #6: grazia, semplicità e cura non diminuiscono con il crescere dell’età


Niente come le parole aiuta a capire o confonde. Quando mi capita che qualcuno mi dice ah beata te che hai uno stile, penso a cosa vuol dire la parola, e anche a come ora contenga significati che prima venivano espressi con diverse parole.

Penso a quando di una persona si diceva che era “coltivata”. Quanto era bella, questa parola, e quante cose belle si portava dietro. Quella capacità tutta umana di migliorare la natura, di modificare le cose perché producano cose buone, perché destino meraviglia, incanto. Ora noi nel nostro mondo parecchio stortato da noi stessi umani pensiamo che sono stati fatti molti danni, alla natura, e che spesso sarebbe meglio lasciarla stare. Ma i giardini e gli orti possono essere una meraviglia che non porta la natura fuori strada, che la rispetta.
E si coltiva l’intelligenza. Si coltivano i propri talenti, le proprie qualità. Con molta attenzione, acqua e concime quando servono, potature, sostegni. Lo stile è un po’ il frutto di questo coltivare. E’ per questo che non è mai definitivo, ma non cambia in modo radicale.

Penso a quando si diceva che le persone erano “eleganti”, e la definizione di eleganza è “che ha insieme grazia e semplicità, rivelando cura e buon gusto senza affettazione”. Ci sono tre parole, in questa definizione, che amo e che associo alla mia idea di stile.


La prima è grazia.

Assomiglia un po’ a garbo, parola decisamente decaduta ma bellissima. Fare le cose con garbo. Parlare con garbo. Senza disturbare. Senza prevaricare. Senza esagerare. Abbiamo un gran bisogno di persone che parlino e agiscano con garbo, e di impararlo noi. Nel garbo è compreso il rispetto per gli altri, il senso dei propri limiti, il contenimento. E’ compresa la dimensione della socialità e della convivenza, perché davvero l’eccesso di protagonismo, l’apologia dell’ignoranza e l’alzata di voce minacciosa per imporsi ci fanno stare male tutti.
La grazia è per me più profonda e più personale del garbo. E le persone che si muovono, parlano e si vestono con grazia sono persone con cui si ha voglia di stare, vicino alle quali ci si sente bene e sereni. Non a caso quando stiamo molto bene, quando qualcosa ci riesce molto bene, diciamo che siamo in uno “stato di grazia”.

La seconda è semplicità.
Sarà che il mio stile è semplice, senza fronzoli, decori, ammennicoli. Io mi sento al mio meglio quando ho indosso una T-shirt e un paio di pantaloni o una gonna, d’inverno un pullover. Spesso sono T-shirt basiche, grigie, bianche, nere. I pantaloni, quando non sono jeans, hanno un taglio semplice. Le gonne mi piacciono colorate e anche fantasia, ma le calze poi sono nere e opache e il resto è di nuovo in un colore base.
Era Coco Chanel che diceva, “prima di uscire toglietevi le ultime cose che avete aggiunto”. E intendeva foulard, collane, orecchini. La sua versione di “less is more”.
Beninteso, ci sono persone che stanno benissimo con indosso una montagna di accessori e anche cose strane mescolate. Iris Apfel, del cui stile nessuno dubiterebbe, ha una quantità di collane, anelli e bracciali che non si contano. Certi eccentrici signori britannici con panciotti e tweed e cappelli sono pieni di stile. Ma sono difficili da imitare. E soprattutto bisogna sentircisi bene, con tutte quelle cose indosso.
La maggior parte di noi credo si senta bene con cose semplici e intercambiabili.
Se proprio devo dare un consiglio, è quello di investire sui pezzi base. Comprarli di buona qualità, tenerli con cura.

La terza è cura.
Quanto è bello fare le cose con cura. Prendersi cura di qualcosa. Curare. Se stessi, gli amici, le ferite. Tenere le cose con cura. Essere accurati.
C’è una campagna che Fashion Revolution ha lanciato, che è quella di amare i propri vestiti e prendersene cura, per farli durare di più.
Io come tutte le signore intorno ai fifty sono cresciuta in un mondo in cui l’abbondanza non era data per scontata, e prendersi cura di quello che si aveva era fondamentale. Prima di buttare via qualcosa doveva essere davvero a pezzi. La manutenzione costava meno che comprare una cosa nuova, quindi si faceva. Alle macchine, agli oggetti, ai vestiti.
Il low cost, con la sua discutibile qualità e la sua sovrabbondanza, oltre che ovviamente il prezzo impossibilmente basso, si è portato dietro tanto spreco. Troppo spreco. E con lo spreco l’incuria e la sciatteria dei guardaroba.
Ci sono tanti negozietti che fanno orli e rammendi e attaccano bottoni, ma fanno dei lavori veramente sommari e di fretta. Ci sono tante lavanderie, ma anche queste, molto industriali e poco attente. In genere c’è un posto per città, che si scopre con il passaparola, dove sono più cari e più lenti ma fanno le cose perbene.

E poi ci sono tutti i vestiti abbandonati, sul cui recupero ormai lavorano in molti. Ne finiscono sempre troppi nelle discariche, perché quando un capo è fatto male, cucino approssimativamente e di un tessuto di cattiva qualità, non c’è molto da fare. Ma per fortuna sono sempre di più i negozietti dell’usato.
Io amo molto andare a comprare in questi negozietti. Ogni tanto ci si trova qualcosa di molto bello. E comunque sempre si ha l’impressione di salvare qualcosa, di recuperare un oggetto abbandonato, di dargli una seconda chance. E il ricavato o va ad associazioni che aiutano gli altri, oppure a piccoli business locali che contribuiscono a far vivere paesi, quartieri e cittadine.
Mi sembra quasi di prendermi cura anche dei vestiti degli altri, oltre che dei miei.
E c’è comunque una bellezza tutta da scoprire, nell’atto della cura. E’ un modo di occuparsi di sé, perché i vestiti sono il nostro guscio esterno, il nostro schermo oltre che il nostro messaggio al mondo. Ho sempre trovato pacificante, mettermi a piegare le magliette, riporre i capi nell’armadio, trovare un ordine che mi faccia trovare le cose in fretta la mattina, aprire l’armadio e vedere i vestiti sulle grucce, i maglioni impilati.
Non immaginatevi quegli armadi da vetrina con i vestiti organizzati per colore, per carità.
E ognuno deve trovare il suo modo, i suoi criteri, e anche il suo piacere.
Ma in generale, prendersi cura di quello che si indossa è una delle tante forme della cura di sé.
E se non ci prendiamo noi cura di noi, chi altro lo può fare?

E infine c’è lo scegliere.

Un mio amico che diceva scegliere è rinunciare, per questo è così difficile. Non è decidere che cosa è importante. Da un certo punto di vista, tutto è importante. Bisogna decidere che cosa non è importante, e questo sì che è difficile. Avere un proprio stile vuol dire rinunciare. Per esempio a qualcosa che va di moda ma non si adatta a noi. Oppure a qualcosa che ci piace ma non ci sta bene. O ancora a qualcosa che è fuori dal nostro budget, perché magari abbiamo già speso tanto per qualcosa d’altro o abbiamo in programma un acquisto importante e vogliamo tenerci i soldi per quello. Per certi aspetti, con l’età rinunciare diventa più facile. Oppure dipende dall’eccesso di offerta che ci circonda. Non succede anche a voi, che il troppo che vi circonda vi fa venir voglia di tenervi solo quello che avete? Del resto pare che scegliere sia diventato un problema, proprio perché c’è troppo. A partire dal supermercato, dove infatti quasi tutti finiamo per comprare sempre le stesse cose. Del resto mica si può passare tutta la vita a confrontare le marche di detersivi o di cornflakes. Mi sa che anche nei negozi grandi, le catene di abbigliamento, si viaggia un po’ così, andando a cercare quel che ci conosce, che si sa di potersi mettere. E’ un po’ paradossale questo mondo così pieno, di informazioni, di scelte, di oggetti, di idee, di musica, di libri, e tutti che ci sentiamo come soffocati dall’eccesso, in perenne lotta con poco tempo rispetto a tutto quello che abbiamo intorno, così tanto che alle volte ci viene da rimpiangere quando c’erano poche cose e ci si arrangiava con quelle. Io personalmente rimpianti di questo tipo non ne ho. Sono molto contenta di poter scegliere, forse perché me lo ricordo, quando c’erano pochi negozi, pochi bar, poco di tutto. Non era questo granché, molto meglio fare un po’ di fatica per capire a cosa rinunciare!

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